La gamma di
ranghinatori a pettine sviluppati dall’impresa milanese comprende una
linea di sette macchine; modelli che si distinguono per la capacità di
garantire un trattamento delicato della pianta e grande pulizia del
prodotto finale.
di Giacomo Di
Paola
A Differenza di altre
imprese che hanno optato per la diversificazione della gamma, Mainardi
ha puntato sulla specializzazione. Una scelta che è andata maturando nel
corso degli anni ’70, quando si è progressivamente esaurita “l’onda
lunga” della meccanizzazione agricola in Italia. “Di fronte al saturarsi
della domanda e al conseguente rischio di trovarsi fuori dal mercato –
spiega Gabriele Ornati, responsabile dell’impresa di Abbiategrasso
(Milano) – abbiamo avviato un processo di riorganizzazione interna, che
ha portato alla decisione di concentrare i nostri investimenti
principalmente su ranghinatori e spandivoltafieno; vale a dire su una
categoria di macchine per le quali potevamo vantare un buon know how
produttivo”. Abbandonata l’ipotesi di lavorare su grossi quantitativi,
la ditta milanese si è così indirizzata verso una domanda di nicchia;
quella delle aziende agricole medio-piccole particolarmente attente alla
produzione di foraggi di elevata qualità. Non è dunque un caso se, nel
corso del tempo, Mainardi ha riconfigurato i suoi ranghinatori puntando
sui modelli a pettine, che permettono di trattare con particolare
delicatezza i foraggi e le cotiche erbose più fragili. “Grazie a questa
tecnica operativa - aggiunge Ornati – le nostre macchine permettono da
un lato di mantenere integra la parte più nobile della pianta,
dall’altro di assicurare l’estrema pulizia del prodotto”. Quando il
ranghinatore solleva la pianta, infatti, essa viene trattata
delicatamente e separata dalla terra, dai sassi e da altre inquinanti,
che, ingeriti dal bestiame, possono causare gravi patologie. Sviluppata
a partire dal modello 258 – un “piccolo” ranghinatore (larghezza di
ingombro e di lavoro, rispettivamente di 2,45 e 2,2 metri) adatto alle
motofalciatrici come alle trattrici – la gamma di Mainardi comprende
complessivamente sette modelli. Si tratta in prevalenza di macchine che
hanno una larghezza di lavoro contenuta, privilegiando la precisione e
la qualità del trattamento alla quantità del materiale raccolto. Con la
rilevante eccezione dei modelli 1292 e 1498, la cui capacità operativa
raggiunge e supera i sei metri. Caratterizzato da una larghezza di
lavoro di 6,5 metri, il 1498 si distingue per la capacità di operare
efficacemente (resa massima di 7 ha l’ora) su tutti i tipi di terreno e,
grazie alla possibilità di utilizzare due sole sezioni della macchina,
di adattarsi alla stagionalità della raccolta.
L'impianto idraulico, semi-indipendente e protetto da valvole opportunamente
tarate, permette l’impiego di trattori da 40 CV, dotati di presa
idraulica doppia per l’azionamento dei cilindri di sollevamento. Grande
capacità di lavoro (resa massima di 6 ha l’ora) e buona velocità di
avanzamento anche per il modello 1292; il bilanciamento dei pettini e
degli snodi consente alla macchina di lavorare anche su terreni
irregolari. Il movimento degli aspi è controllato da un impianto
idraulico autonomo – azionato dalla presa di forza della trattrice
(potenza minima di 20 cavalli) – mentre il sollevamento del gruppo
ranghinante è comandato dalle prese idrauliche del trattore. La
macchina, inoltre, è equipaggiata con un dispositivo idraulico per la
regolazione dell’andana su tre differenti posizioni (1, 1,2 e 1,4
metri). Tra i “piccoli”, invece, si segnalano i modelli 1086 e 1188
che, a parte differenti larghezze di lavoro (2,2 metri per il 1086; 1,8
metri per l’1188) e di ingombro, sono due macchine molto simili tra
loro, entrambe progettate per trattamenti particolarmente calibrati. I
denti flessibili dei quattro pettini, infatti, rastrellano con cura il
foraggio mantenendolo soffice e pulito mentre gli snodi bilanciano le
irregolarità del terreno, preservando la macchina da rotture e la cotica
erbosa da danneggiamenti.
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